Sono un bambino inzuppato nel porno.

Un giocattolo rotto.

Ora guarda lo schermo:

C’è un ragazzo che muore,

lì dentro,

in un nastro che scorre:

un volgare suicidio nel porno.

Sa di polveri parole bagnate. Sa di nuvole appese su un bristol. Sa di rimmel e di trucco disfatto. Di smorfie. Di lune al rovescio. Di notti intrigate a un lenzuolo. Di fiori annaffiati. Di capelli arruffati. Di pensieri sbagliati. Sa di mani che l’hanno toccata. La tua pelle. Sa di labbra che l’hanno baciata. Quella pelle. Sa di stelle che non son mai cadute. Sa di incenso e di candele spente. Non un soffio basterà. Non un soffio a cancellarli. Tutti quei frammenti. E l’ombra di quelle parole. Incise a lama sulla pelle. Sussurrate a sangue. Dai nostri volti imbalsamati. Corpi così caldi. Ma dall’acido corrosi. Dal nostro orrore. Dal nostro cuore malato. Dal nostro amore. Insano. Tu che disegni facce. Che sai di polvere e di parole bagnate. Che brami vittoria. In questa battaglia mai esistita. Ora. Che siamo diventati così abili a mentire. Ci sentiamo grandi. Ci sentiamo avanti. Tanto da dimenticare ormai. Che siamo niente più che sagome di carta. Stelle attaccate su un bristol. Destinate a cadere. Disegni. Già sbiaditi. E sa tanto di amaro. Tutto questo silenzio. Sa di voci che sussurrano maledizioni e sdegno. Sa di cose che alla fine lasceranno un grande vuoto dentro. Che niente colmerà. Se non le notti passate a contare. Quelle stelle attaccate su un bristol.