Respiravamo abbracciati al cuscino in cui un’alba di luce godeva e di vento vibrava e di gioia fotteva. Poi l’essenza di un nulla ci ha colti improvvisi.

Osservavo le ombre e le mani ascoltando respiri e sfiorando il tuo corpo d’avorio riflesso di specchio che non esisteva. E l’assenza mi ha detto più volte rimani.

Rimango. Senza ti prego. Io resto. Senza ti amo assordanti di quelli che spaccano tutto. Senza ti voglio di quelli che violano il dentro. Di quelli che sfondano.

Rimani. Respirando abbracciati al cuscino rimani. Senza preghiere assordanti di quelle che spaccano tutto. Rimango. Ti aspetto, lo sai. Ho imparato a distruggere tutto ma non le promesse, quelle fatte con gli occhi bagnati. Ho imparato a distruggere cuori a fuggire a ruggire e a tremare, ma non a spezzare promesse di quelle fatte con gli occhi bagnati.

Mi sbagliavo lo sai. Mi sbagliavo di nuovo. Non si vive sapendo che tu ci sei.

Preferivo non crederti almeno non ci sarebbero state funi a strozzarmi, soffocando in respiri così dolci che non conoscevo. Come quei baci che non vedi l’ora finiscano. Come il sesso fatto contro voglia. Come una guerra iniziata nella quale sei dentro e non puoi più uscire. Nell’assenza gridavi rimani. Nell’assenza gridavo non sono mai andato via. Non sono mai andato via. Non sono mai andato via. Mai.

Ricordo dicevi. Ricordo. Se Dio ha voluto questo per noi io voglio scoprire perché. Non andare via. Se Dio ha voluto questo per noi ci dev’essere un perché. Ci dev’essere un disegno. Ed io voglio scoprirlo con te. Ricordo dicevamo questo. Ricordo. Rimani. Nell’assenza rimani. Non andare via. Non andare. Non andare via. Rimani.

Preferisco sbagliare tutto e continuare a credere in te.

Preferisco avere un cuore per battere che non mani per toccare.

Per toccare il tuo viso che immagino un giorno, che immagino, splendere di una luce che accenderà i miei occhi al mattino.

Per te aspetterò finché il mare perderà il suo colore. Dicevi. Disciogliendo pensieri su carta bianca con inchiostro blu. In quella lettera attesa da oltre ogni tempo. Da oltre ogni spazio. Da oltre. Come se non dovesse arrivare mai. E scrivevi come se il tempo non contasse più nulla al cospetto di un cielo che era ormai troppo grande ed ormai troppo immenso, ed ormai, troppo. Credevo. Vivevo. In te. Soffocando l’assenza e quei vuoti sapendo che un giorno saresti stato al mio fianco. Leggevo. La voce di Dio dalle tue mani. Rimani.

Confio en que esta vez, Tu Dios, y el Mio, quieran que seamos felices.

Confido nel fatto che questa volta, il tuo Dio e il Mio, vogliano che siamo felici. E’ tutto ciò che mi rimane da sperare, oltre te. Scrivevi. E ora dimmi se queste parole non hanno, non hanno un’arcana fessura dalla quale spiare. E ora dimmi che sono solo uno stronzo accecato da un riflesso di luce. E allora spiegami perché ho occhi di fiamme che sanguinano e bruciano. Come stigmate. E allora uccidevo il mio cuore inventandomi un Dio per sfidarlo poi a scendere e gridarglielo in faccia: Perché tu non dovresti, perché non dovresti volerci felici perché. Lo sfidavo di notte a discendere in terra a rivelarsi ai miei occhi per poi dirgli Bastardo ora dimmi perché non dovresti volerci felici, perché non dovresti. Perché.

Avrei fatto a pugni, sai. Con quel Dio che era assenza ogni volta che il buio parlava ogni volta che passando davanti a uno specchio mi vedevo quegli occhi gonfi e arrossati senza guardarmi mai a fondo per paura di offendermi.

Porca puttana fa male fa male.

Non si vive sapendo che tu ci sei.

Non ti vedo da quando quel sole ha ombreggiato le arcate di quegli edifici. Tornerai. Non ti sento da quando il respiro mi ha abbandonato. Ci sarai. Tornerai. A ridarmelo il cuore. Che ho lasciato quel giorno dentro al tuo zaino beige.

Sei magnifico quando torni alla mente, così sadico a uccidere il niente, che sovrasta ogni angolo, che devasta ogni lembo della mia carne. Sei magnifico quando impugni la spada e colpisci da dentro. Sei magnifico quando il volto si riga d’inarrestabile pianto. Sei magnifico quando mi accorgo di avere il potere di piangerlo ancora l’amore. Quando stringo le braccia di Dio per paura di perdermi. Sei magnifico quando non ci sei. Perché nell’atroce distanza tu sei qui più che mai. Perché batti forte fino al dolore più intenso e sottile. Perché il telefono squilla in perfetto tempismo ogni volta che diventi distanza che uccide. Perché. Nell’atroce distanza. Vivo. La tua dolce presenza. Ma non avrò pace finché non sarai qui.

Por ti esperare siempre. “A que el mar pierda su color”.

In Absentia. Dal profondo di me.