Quello che sono ha il mio nome.

Mese: Maggio 2010

[Un Grido Nel Vento]

Nelle parole il silenzio. Ogni silenzio uno scrigno. Ogni parola un silenzio pieno di scrigni. In ogni scrigno un abisso. In ogni abisso il mio grido. In ogni grido speranza. Nella speranza menzogna. Nella menzogna il mio odio. In fondo all’odio rivolta. nella rivolta il tuo nome. Sopra al tuo nome c’è il vento. Dentro quel vento farfalle. Le loro ali il mio amore. Mai bastevole grandezza. Mai appropriata limpidezza che ti possa rivelare. Mai quel suono. Non quel mare. Ogni parola è silenzio. Ogni silenzio uno scrigno. Ogni parola un silenzio pieno di scrigni. Le persone se ne vanno. Poi imperioso l’abbandono s’innalza, devastatore pugno. Mentre il buio ogni cosa trafigge, punta d’un ago sottile. Ricamando vocali mute su volti di stoffa. Abili impunture che i sorrisi cancellano. Come nomi su vetri appannati. Mi manchi.

Tuo Difensore Eterno.

[Vetro]

A chi continua a ripetermi che sono forte credendo di elevarmi:

Io non sono forte. Io non voglio essere forte. Io non ho mai chiesto di essere forte. La mia forza è dall’odio sostenuta e da chiunque incompresa. La mia forza è una solida impalcatura sopra alla quale per non cadere mi sostengo. La forza in sé a nulla serve, poiché ogni cosa ugualmente si compie, nell’incomprensibile cosmico disegno. La mia forza è uno spietato sentimento, così come il mio odio. Puro e invulnerabile. La mia forza è acuminato e tagliente vitreo elemento, privo d’infrangibile virtù. Il vostro credermi forte è ai miei occhi feroce menzogna. Non elogia il mio esistere. La mia forza è preludio alla mia silenziosa spietata vendetta che nell’ombra lentamente si compie.

[Tuo Difensore Eterno]

Ti riporterò dove le albe si rincorrevano. Quando intossicati dalla meraviglia afferravamo le redini di estati che fuggivano. Sotto stelle che cadevano. Su di noi, spettatori eterni, e immobili. Con gli occhi rivolti verso il mare. Pieni d’orizzonti. E sogni lontani. Odiando il mattino. Le albe tremende. La luce negli occhi. Che i sogni violentando leniva. Ti riporterò un maggio di mille anni fa. Intriso di quell’incantesimo. Quando l’erba era alta e i fiori crescevano. Quando il cielo era terra e le ali rapivano. In voli leggeri e pieni di speranze. Dove tutto sbocciava. Distruggerò i muri della mia vertigine. Affinché il sangue in me riprenda a scorrere. In questo gelo che nelle mie mani è arma terribile. Sulle tue ali scudo. Il tuo nome è il mio nome, un fucile puntato contro la menzogna. Noi spareremo al sole.

Tuo difensore eterno.

[Vergogna]

Mai sono stato incline a siffatte bassezze. L’odio, in me, era simile all’inconsistenza. E ora, destinato a rimanere una statua di pietra immutata nel tempo. E’ davanti alla mostruosità che ai miei occhi si rivela, che la mia rabbia s’incendia. Rabbia? Mi chiedi. Quale Rabbia? Nessuna. Io non provo rabbia. D’immane freddezza il mio cuore s’inietta. E poi nel silenzio sprofonda. E’ da tempo che ti ho al centro del mirino. E ora, finalmente, so chi sei. E ciò che sei, non è degno del Suo nome. Mi fai schifo. Io distruggerò il tuo delirio d’onnipotenza, frantumandolo. Io ti inietterò nel sangue la vergogna. Fosse l’ultima cosa che faccio.

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