Improvvisa mi assale la follia. Gli occhi ciechi e il cuore sordo. Osservo queste mani, uniche colpevoli del nostro tradimento. Della follia. Della noncuranza. Dell’inadempienza alle promesse formulate con la bocca e la sua non colpevolezza. Mi sorprendo assai stupito e intimorito a scivolare lentamente denso lungo la parete di un armadio collocato giù nel vortice infinito di una stanza, a condannarmi ripiegando su me stesso le ginocchia e poi le braccia. Mani in faccia. scivolando fino ai piedi in una culla di arrendevole silenzio. Senza inventare lacrime. Senza inventare tremiti. Senza inventare niente per poter convincere me stesso che non esisteva opzione alcuna da seguire. No. Lente quelle dita in simmetrico riflesso scorrono in attrito lungo lo specchio di quell’anima malata. Ho formato una pistola con le dita, ho premuto contro quel grilletto e poi l’ho detto, guardandomi negli occhi:
Tu.
Colpevole.
Poi qualcosa si è rotto.
Come ti chiami? Quanti anni hai? Sei attivo o passivo? Ti va di farti sbattere? Mi vieni in faccia? Lo prendi? Tieni la porta. Attento che non entrino. Hai un cazzo fantastico. Scambiamo il numero? Ti va di rivederci? Di dove sei? Te l’ho già detto che hai un cazzo fantastico? Sei attivo o passivo? Mi vieni in faccia? L’hai mai fatto a tre? Ti piacerebbe? Se vuoi ho un amico. Lo vuoi più forte? Come hai detto che ti chiami?
Dentro la gabbia, al centro dello Zoo. Fra luci strobo osservo spiriti danzanti intorno e percepisco ogni contorno, i loro odori, nel mio ondeggiare liquido e vertiginoso avvolgermi di sguardi mi incateno con rapidità al primo che ho davanti. Mi affondo. Non mollo. I baci sulle labbra un po’ bruciate da alcolici riflussi. E poi. L’immagine di te che ho negli occhi.
Avessi dieci maschere le indosserei, una sopra l’altra. Così da non offendermi. Da non vedermi nel riflesso dei tuoi occhi. Così da sparire, di colpo, risucchiato dalla gola di un fiore cannibale. Cerco le parole migliori per addolcire il sapore di una fine troppo amara da pronunciare. Che assurda idiozia e pretenzioso nonsenso. Io. Colpevole. Stringimi. L’orgoglio mi da la caccia e non trovo rifugio nel cuore. Infranto come un vetro mi spezzo in due parti. I due opposti di un me che riscopro. Essere. L’uno. L’antitesi dell’altro.
Cantori di corte suonate le trombe. La dama è fuggita dall’altare. Si annunci al re e alla regina. Si prostri. Si penta. Di aver sporcato il cavaliere d’infamia e imbarazzo. Sia morte alla dama. Le si tagli la testa e si faccia banchetto. Cantori di corte suonate le trombe. La dama è fuggita dall’altare. Le si tagli la testa e si faccia banchetto.
“When you were a boy
You had no place inside your parents’ world
You were falling like the leaves
From an old and dying tree
You went to school
But the teachers made you feel a fool
While the children played with joy
You were the one they would avoid
Some day
You will find a better place to stay
You’ll never need to feel this way again
Again, again
Show a smile
They’d like to have you in their members’ club
They’ll buy you drinks and tell you lies
They pour rumbrella with some ice
No one cares
About that fucking pretty face you have
It means nothing much this life
So find the highest cliff and dive
Some day
You will find a better place to stay
You’ll never need to feel this way again
Again, again”