Mi è costato spararti e lasciarti così a sanguinare stordito. Ho sentito qualcosa strapparsi da dentro. E ho dovuto inventarmi la più astuta freddezza per non sentire più niente. Anestetica rabbia. E’ per noi che l’ho fatto. A quest’alba che avanza oltre i centocinquanta. Dedico l’ultimo pensiero. Prima d’abbassare il vetro. E lasciare che un vento nuovo mi confonda il viso. Ora sono un dardo di fuoco scagliato nel buio. Attraverso la notte ho da sempre viaggiato. Quante volte la scena ho rivisto. Il mio cielo. La pioggia scrosciante sul vetro. Le lune al contrario. Figli di sogni distrutti riaccendete le vostre speranze. Era facile perdersi. Scivolare fra mani invisibili. Nuovo fuoco fiammante scorre dentro le vene. In volo. Verso cieli senza confini.

Ora voglio solo adagiarmi disteso e distorto. Sulle quadrangolari simmetrie delle piastrelle del pavimento. Guardare tutto da una prospettiva diversa. Godermi così la tua dipartita. Bevendo un vino d’annata. Bianco. Liscio. Fermo. Appena sfumato. Dai mille retrogusti. Come le cose impure.

Dissolvermi.

Con raffinata  eleganza.