Quello che sono ha il mio nome.

Mese: Marzo 2010

[Ombra]

Sono il coltello e sono la piaga. Del silenzio io porto la voce. Sono il pugno che stringe. La lingua che scivola sopra la pelle. Sono l’occhio e la palpebra. Le vene che pulsano. Sono l’acqua e la pietra che leviga. Io son corpo che all’aria si avvolge. Al sogno s’avvita. Al buio si stringe. La malinconica luce che ora hai sul viso. Sul corpo dipinta. Di nero di bianco, screziata d’argento. Sono la fiaba e l’abisso. Il cuore e lo sterno. Le ore e gli istanti. Sono la tenebra che i passi disperde. La luce che guida. L’inverno che sfuma. Gli occhi di un bimbo a metà della fiaba. La polvere scura del suo castello distrutto. Lo sguardo distratto. Nel disincanto crollato. Eoni di tempo e frammenti di spazio. Di cieli che avvolgono. Nel volo mi libro. Le ali dispiego, le mani disgiungo. Non sono richiesta, non sono preghiera. Io sono il silenzio e ancor sono la voce, quella che tace, quella che sfiora. Quella che infonde, quella che vibra. Sono la stella che il cielo mi ha tolto. Questo nome che porto. Sono la lacrima che scivola lenta. Io sono attesa. Io sono partenza. Sono l’inchiostro che scrive parole. Che incide silenzio sulle tue ossa. Sono l’abbraccio che non ti ho mai dato. Sono la sabbia e sono il torrente. Io sono la calma, io sono ferocia. Sono l’asfalto che ingoia i tuoi passi. Io sono il sole che brucia i tuoi occhi, che acceca i tuoi sguardi. Sono cera che cola. Sono l’ombra che nel buio si getta.

[Nel Fondo del Mare]

Lui non sentiva imbarazzo quando parlava, io folgoravo dentro l’emozione delle mie stesse parole. Per questo restavo in silenzio. Per non sentire quel nodo alla gola. Per questo invocavo il silenzio. Per esorcizzare quel senso di struggimento in fondo al mio stomaco, quell’ansia da esame. Per questo io non parlavo. Perché lui mi ritrovasse, e poi mi portasse via, dal fondo del mio mare.

[Disclaimer]

Nulla a te qui è rivolto.
Qui più nulla a te appartiene, da tempo.
Poiché più nulla di me da te dipende.
Poiché nulla più io ti devo.

Nulla.

[Sulle mie Finestre]

Nella verità, la mia luce.
L’ombra del tuo sguardo, nel mio silenzio giace.
La mia calma in te la rabbia uccide.
Inquieto vento sulle mie finestre chiuse.

[Restami Addosso]

Una notte passata a sognare di averti accanto. A pensare al mio dubbio. Sotto assalto e assonnato. Distrutto. E un risveglio in cui l’alba ha promesso sfumature mai viste. In bocca il sapore di un sogno macchiato di rosso. Poi negli occhi l’incanto. Io voglio di te la pelle, il fiato sul collo. Ritrovarti ancor prima di chiedermi dove ti ho lasciato. Legato ai polsi con fili d’ingenua timidezza. Che nelle mani di colpo il tremito infonde. E nel cuore ogni battito al suo limite spinge. Poi le labbra congiunge. Restami addosso.

[Il Dubbio]

Un po’ me la sono cercata, azzardando la domanda. Cosa che mai avrei fatto se non me l’avessi posta prima tu, battendomi sul tempo. Knock out. Nell’attesa la notte diventa lunghissima. Le ore son fatte di cera e si fondono in suoni più cupi del buio che ho intorno. L’attesa scandaglia il suo tempo in secondi che paiono abissi. Il dubbio è una luna falciata coi denti che mangia le stelle. Ti aspetterò sveglio.

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