Quello che sono ha il mio nome.

Mese: Novembre 2009

[Echoes #2]

Non fummo mai così reali. Non siamo nati per questo. Buio e luce si contesero i nostri nomi. Nessun patteggiamento. Ne vincitori ne vinti. Ci lasciarono in dono questa dolce condanna. Di non vederci mai veri. Ci sorpresero urlanti. Quando il sole bruciava in faccia. Rinnegandoci. O quando la notte ci strozzava. Fu così che fuggimmo. Camminando nell’ombra. Rasente i marciapiedi. In vicoli di città addormentate. Sotto luci di lampioni. Piangenti o ridenti. Talvolta sognanti. Di posti mai visti. D’oscura visione. Il cuore rombante. Mai sazio. Silenzi ingoiati e pensieri svaniti. Ricordi di tela nel buio tessuti. Cuciti sul petto. I pugni serrati. L’asfalto. Di strani ritorni. Piangenti d’addii. Perdute visioni. Ne grazia ne colpa. Dall’eco storditi. Feriti. Feriti. mai più ritrovati.

[Fragments]

[Ambisco ad un cuore d’acciaio in assenza del quale di carne mi vesto. Io non sono infrangibile. E’ diverso da forte a insensibile. Lo sguardo incazzato non basta a schermare. Le parole mi arrivano. Talvolta guariscono. Talvolta, massacrano.]

[Echoes #1]

Ho fatto di nuovo quel sogno e vorrei si avverasse. Che fosse presagio. Un segno indistinto di un fato ribelle e mansueto. Arreso mi arresto al pensiero mi annullo. Modello speranze di carta e le ingoio. Oppongo me stesso all’opposto  di tutto. La scia di un mattino. Mentre il freddo s’affonda pungente fin dentro le dita. Fili d’erba dal vento spostati in svaniti confini. Di tutto ciò che è distanza. Fra il cielo e la terra. Le corsie della strada. Fra il suolo e i mattoni di tutti quei muri. Fra le mie labbra e le tue. Sigillate nel silenzio di un freddo ottobrino. In quest’angolo buio nel quale io stesso non riesco a trovarmi. Dove taccio, inspiegabilmente. Ho lasciato indizi lungo la tua strada. Ora vieni a cercarmi.

Hänsel

[Su di Me]

Su di me..?…Cosa mai potrei dire? Cosa potrei dirti con questa voce rotta dall’emozione, con lo stomaco sottosopra e la nausea che riaffiora, insistente? Dovrei parlare, pronunciare parole che ti sembrerebbero vuote. Dovrei ripetere ossessivamente frasi ricorrenti e mai dimenticate. Eppure non è questo ciò che voglio dire. Il mio discorso non posso pronunciarlo né puoi udirlo; non ha nulla di letterario, neanche la forma. Dovrei comunicare i trasalimenti che mi fanno sobbalzare a ogni eco, dovrei descriverti l’angoscia che avverto in precisi istanti, i silenzi contemplativi in cui sprofondo, cercando l’improbabile sensazione di un abbraccio. Dovrei trasmetterti la sensazione di vuoto nella quale annaspo, tentando di restare a galla per continuare a rendermi visibile. Non è un discorso che posso pronunciare. Le sue sillabe sono silenzi, le sue parole ricordi, le sue frasi emozioni. Posso solo restare qui, ricettacolo delle tue sensazioni. Sono qui, ad attendere il ritorno dal tuo peregrinare. Lascio la lanterna accesa, nel buio.

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