C’è un pensiero, ora, nella mia testa, alle ore una e ventinove minuti del diciassette settembre duemiladodici.
A volte la paura mi schiaccia fino a star male. Coi pensieri scolpisco giganteschi macigni che alla fine mi crollano addosso.
Il terrore che certi schemi si possano ripetere si trasforma in qualcosa che ha il potere di paralizzarmi. Un giocattolo rotto. Una crepa sul muro. Una bolla che è esplosa.
Eppure
Ci sono quelle volte in cui arriva all’improvviso e mi abbraccia da dietro mentre faccio le cose di sempre e io mi immobilizzo. E sento in questo così tanta emozione che devo respingerlo, ne sono costretto. Perché il suo contatto è un black-out che non mi permette di concentrarmi su quello che sto facendo. Ed è come se tutto svanisse.
E poi penso a quanto è bello condividere un percorso con qualcuno che, qualunque cosa tu proponga di fare non ti dice mai di no. Che non vive dentro al recintino degli schemi mentali, ma è orientato verso la grandezza. Che riesce a vedere l’immenso nel mare, a godere del giorno di sole, e di quello di pioggia. Che s’interessa di quello che fai ed è pronto a seguirti ovunque tu voglia andare. Con le sue debolezze, i suoi punti di forza, i suoi sogni e le sue aspettative.
Poi però la paura ritorna. Come curarla?