Ho lasciato che si addormentasse sulle mie ginocchia. Ho vegliato su di Lui, l’intera notte. Ho vegliato sui suoi sogni. Cullato il suo fantasma. Fino al mattino. Quando sua madre scendeva le scale in ghisa dentro una vestaglia bianca. Buongiorno. Il caffè. Fuori i primi albori di un mattino autunnale. Dentro una pellicola corrosa da una lacrima. Veloce e involontaria.
…Tremila secondi di niente…
Caduto dall’inferno. Condannato qui. Non ancora pronto a morire. Forse già morto. Qui al mio fianco un angelo sta cercando di salvarmi. Qui al mio fianco un angelo, stringe i denti. Col naso sporco di polvere bianca. Sperando nel miracolo. Posando le sue braccia sul cuscino. Persa di vista la ogni direzione. Persa di vista la strada per il cielo. Nascosta dietro a rovi secchi e spinosi. Qui. Solo. Sotto miliardi di stelle di un cielo imperfetto, elevo il mio canto.
Il canto di un angelo nero non lo senti vibrare nei timpani come fosse una musica. Si affonda come coltello nella tua anima. Le lacrime di un angelo nero non le vedi scivolare sul viso come gocce dalla trasparenza cristallina, esse sono il buio fitto di una notte immensa, che cade disegnando la tua ombra sull’asfalto. Il grido di un angelo nero è silenzio che invade la mente come eco violento e stordito proveniente da ogni direzione. Così ho sentito.
Eri tu come sempre chinata a raccoglierne i pezzi. Di me stupido angelo che stupra la propria vergogna.
I tuoi occhi un ruggito tremendo. La mia pelle che muore di te, assuefatta, sedata, che ora chiede di te, anelante, stordita.
…Tremila secondi di niente…