Quello che sono ha il mio nome.

Mese: Gennaio 2006

[Vorticava il Mondo]

Amavo l’immenso. Era luce che non respirava. Ondeggiava candida la sabbia sotto ai nostri piedi scalzi. I jeans arrotolati. Solo noi e il mare. Giocavamo a rincorrerci con le stelle negli occhi, fra le sdraio e gli ombrelloni, penetrando l’aria di una notte di luglio. Luccicavamo immensi, infreddoliti dalla brezza marina, ma il cuore scottava, ardeva violento. Tu mi scaldavi. Quando ogni dolore diventava. Magicamente. Piacere. Immenso. Tornavamo ad essere quei bimbi innocenti, con te era inevitabile. Si dissolveva ogni peccato. Ti cercavo la mano, la tormentavo. Come se fossi gatto e la tua mano un gomitolo di lana. E quelle lune che ci sorprendevano distesi per terra coi nasi schiacciati contro al cielo, i capelli insabbiati e i ragazzi lontani che fumavano l’erba. Era dolce l’incanto. Il mondo lontano. Quel bagno, vicino al porto a Viareggio. Lo svanire lento di ogni rumore. Il progressivo dissolversi di ogni necessità. La fame. La sete. Il sonno. Non esisteva più niente. E quel bacio feroce e improvviso quando mi spingesti contro la sdraio con l’impazienza della prima volta. La tua prima volta. Il tuo primo bacio. Il tuo primo scontro con la carne e con il cuore. Che se fosse vita il suo fantasma vagherebbe ancora su quel lido. Che se fosse essenza lo conserverei in bottiglia. A chiusura ermetica. Per stapparlo e assaggiarne ancora ogni sapore. Non me lo aspettavo, così improvviso. Le farfalle nello stomaco. E poi dicevi “non lo immaginavo così”. “Baciare un uomo è freddo”. Come una lastra di ghiaccio. “Però sto troppo bene”. Voglio farlo ancora. E io replicavo. “Qua finisce male”. Che finisca male. Tanto siamo soli. Non c’è più nessuno. Ma c’è un mare immenso. E una sdraio scomoda. Siamo in piena notte. Solo ragazzi che fumano, lontano. Quale sogno più dolce. E facemmo l’amore. Fra le sdraio e le stelle. Sotto gli ombrelloni. Un tuffo l’uno dentro l’altro. Quale immenso piacere sbottonarti i jeans. Misto a sofferenza. Sai, quei brividi strani. Quell’ansia da esame. Quale immenso piacere. Ondeggiava tutto. Vorticava il mondo. Vorticava. Mentre ti baciavo. Dio, che colpo al cuore. Ondeggiava tutto. Vorticava il mondo. Vorticava. Fai come ti pare. Tanto siamo soli. Io, te e il mare. Poi bagnati fradici. Io potrei affogare. Tu mi salverai? Quando me ne andai. Mi infilasti in tasca il tuo telefono. “Così saprò che esisti”. “Tornerai a ridarmelo”. Così sarò certo. Che non è stato un sogno. Dio che colpo al cuore. Ondeggiava tutto. Vorticava il mondo. Vorticava. non smettevo di tremare. Per il freddo e un po’ per l’emozione. Arrivavano treni da ogni direzione. Ondeggiava tutto. Vorticava il mondo. Vorticava. Aspettavo un bacio ancora. Sulla bocca. Avrei perso il treno. Per vedere un ultima volta quegli occhioni turchese avvicinarsi ai miei. Per guardarci dentro. Rivedere il mare. mi giava tutto. Ondeggiava il mondo. Vorticava. Se mi guardi ancora. Se mi perdo in te… poi mi salverai?

A Dani

[Killing Loneliness]

Azione = Reazione

Causa = Effetto

C’è necessità di prenderne atto.

Tu sai che è così. Aristotele ci ha distinti. Ci ha insegnato. Che il seme è in potenza pianta in quanto seme. Che il seme è pianta in quanto in potenza pianta. In atto, nient’altro che un seme. Noi siamo in potenza sogno, meraviglia e miracolo.

Parti di me dissolte. Arti mancanti. Voci distorte. Tutto si consuma nel lento bruciare dell’ultima candela rimasta accesa. io che son spirito, ondeggio. Spirito d’impuro amore. Spirito che scivola incerto, sulla superficie del cuore. Io che son spirito, vibro. Io che sono sogno non vivo. Tu che sei carne ti muovi, oltre ai miei occhi. Fra le mie dita.

Era bello ricordarti sotto il sole di quei giorni, era dolce ripensare a te, in Piazza dei Miracoli, come il miracolo più grande mai accadutomi. Mentre il vento ti portava via. Mio miracolo.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén