Sono così abile a ordinare le parole in prosastiche sequenze, eppure, non so articolare quelle più brevi e più semplici. A volte mi faccio soffocare dai pensieri e le stronzate esistenziali e non mi accorgo che non sto pensando ad altro. E tu diventi una voce lontana che al telefono mi parla alla quale dico molte cose ma mai le più importanti.
Sento ancora qualcosa che brucia, qui dentro. C’è ancora del fumo che riempie le stanze ed io non respiro. Vorrei trasformare queste ali in tempesta. Trasformare le ali in tempesta.
A volte pecco di immediatezza, il difetto che mi acceca nella rabbia consiste nel non dar importanza alle piccole cose nel momento in cui accadono, ai gesti, ai segni, agli sguardi. Nella rabbia io non vedo. Solo dopo mi accorgo di quanto fossero importanti. Così non ho modo di rispondere. Magari ci ripenso all’ombra di una candela che accompagna le mie notti insonni, e allora vorrei averti qui, per dirtelo, guardandoti negli occhi… mentre lenzuola blu con disegni di stelle e pianeti avvolgono i nostri corpi nudi prima di addormentarci l’uno addosso all’altro, in un sabato notte che all’alba ci avvolge, arruffati e stravolti.
Ma può la spiga piegata dalla grandine del dubbio, rialzarsi e ondeggiare al vento della vita?
Tredicesimo giorno del sesto mese dell’anno duemiladodici.