Disperato nella quiete mi perdo. Disperato nella quiete del mondo. Disperato nell’azzurro mi estendo. Vendicando sorrisi strappati da stupri e violenze. Ritornato in fuoco. Perso. Rievocato in fiamme. Denso. Ritornato a vendicare fame e sete delle tue labbra in me. Ancora, sempre. Di un cuore insaziabile che percorre corridoi dai muri grezzi e così umidi. Così spietati. Cercando qualcosa che sia ancora utilizzabile, fruibile. Così umidi. Di bocche e forme falliche. Disegni d’invisibile. Plasmati con le dita. Su corpi malleabili. Mi perdo… Disperato nella quiete mi perdo. Disperato nella quiete del mondo. Dischiuso all’ombra di gigantografie attaccate ai muri come manifesti sbiaditi. Che narrano d’immensi, di vastità e di abissi. Il nettare succhiato dai miei fuori. In luoghi senza tempo. Di tribù antiche e civiltà cancellate. Nella quiete lamentosa del mondo. Torno ai rami e alle radici. Così saturo, di vibrazioni che nemmeno so gestire. E’ come se adesso fossi mare. A te, carnalmente unito nelle luci di questa nuova alba di fumi irrespirabili. Dentro emozioni lucide. Un’ombra sugli zigomi del volto tuo bambino.

(Letters From Hell, Chapter XI)